INSEGUIRE UN SOGNO...BRACCIATA DOPO BRACCIATA

10 Luglio 2019
Intervista a Filippo Megli fatta da Enrico Tongiani redattore e fondatore di "Edera" Rivista
Quando ti alleni tutti i giorni più volte al giorno per mesi che sembrano non passare mai, aspettando con maledetta ansia di tuffarti in acqua e gareggiare veramente, beh, la vittoria è ciò che vuoi. La vittoria è ciò che conta, che rimane nel tempo. Quello stesso tempo che combatti allenandoti una vita e che poi si concentra in un minuto e cinquanta secondi al massimo per ogni gara in vasca. Cinque minuti carichi di bracciate, tre gare al massimo, che vogliono dire tutto per un grande nuotatore. Un certo Michael Phelps, non proprio uno che non ha vinto niente nella sua carriera, diceva: «Così tanta gente lungo il cammino, qualunque sia ciò a cui aspiri, ti dirà che non può essere fatto. Ma tutto ciò che serve è l’immaginazione. Tu sogni. Tu progetti. Tu realizzi. Ci saranno degli ostacoli. Ci saranno dei dubbiosi. Ci saranno degli errori. Ma, col duro lavoro, con la fede, con la confidenza e la fiducia in te stesso e in quelli che ti stanno attorno, non ci sono limiti».
Il lavoro costante e quotidiano ti porta al successo e a credere di potercela fare. Sempre. La vita di chi nuota è difficile. Sacrifici e rinunce per poi, forse, non arrivare mai. Ma, in fondo, quando credi veramente in qualcosa non ti accorgi nemmeno che la stai realizzando. È così che Filippo Megli, fiorentino nel sangue, nuotatore di ventuno anni della Nazionale Italiana e della Firenze Nuoto Club sta inseguendo il suo sogno. In un bar del suo paese, a San Casciano, incontriamo Filippo che ci racconta la sua storia e perché ha fatto del nuoto la sua vita.

Ciao Filippo, eccoci qua!

«Finalmente anche io volevo essere “ederato”! Mi stavo chiedendo se mai mi avreste chiamato (ride ndr)».

Allora adesso ci racconterai tutto. Due mesi fa eri agli Europei di Glasgiow, come è andata?

«È stato un Europeo importante per me. Ero uno dei giovani col ruolo di “regista” nella staffetta 4X200. Il regista è colui che detiene il tempo più veloce. Sentivo un bel carico di responsabilità sulle spalle. La manifestazione è iniziata con la prima staffetta 4X200 Mixed in cui sono partito primo tra Ciampi, Pellegrini e Panziera. Dovevo prendere un po’ le misure e come prima gara non è stata bellissima. Il secondo giorno nella 4X200 Stile Libero Maschile abbiamo fatto bene. Partivamo da non favoriti e sicuramente salire sul podio era un miraggio. Invece grazie alle splendide prestazione dei miei compagni, con la mia miglior frazione di tutto il campionato di staffetta, siamo riusciti ad arrivare terzi nello stupore generale in Federazione. Gli ultimi giorni abbiamo affrontato le fasi dei 200 Stile Libero. Gare davvero toste. In
semifinale pensavo di stare meglio, invece in finale quando mi sono buttato in acqua ho capito che non sarebbe stata la mia gara. Comunque tutto sommato è stato un buon Europeo che mi apre direttamente le porte al prossimo campionato mondiale di vasca corta a dicembre in Cina».

Riavvolgiamo un attimo il nastro. Quando inizia la tua storia col nuoto?

«Da piccolo praticavo sia il calcio che il nuoto. In terza media per volere di mio babbo, credo giustamente, mollai il calcio per dedicarmi esclusivamente al nuoto. Mi vedeva scivolare meglio, ero più portato. Certamente i risultati arrivavano più in acqua, nonostante il mio amore per il pallone»
.
Ti piaceva più il calcio o il nuoto?

«Sono molto differenti. Sport di squadra uno, individuale l’altro. Con la squadra sviluppi una socialità maggiore, parli di più, ti diverti. Nel nuoto spesso sei tu, coi tuoi pensieri, e l’acqua. Giocare a calcio mi piaceva molto ma vincevo in acqua. Ora ti direi meglio il nuoto. Grazie alla piscina
ho trovato degli amici veri, seri, che si dedicavano anima e corpo a questo sport e che tuttora ho accanto. Un percorso di vita che continua insieme. Detto questo però a volte gioco a calcio. Senza dirlo all’allenatore perché sennò son guai!».

Qual è il tuo rapporto con l’acqua?

«Semplice. Se vedo l’acqua mi butto. Mi sento
coccolato. È come volare. Consideriamo che una piscina può essere alta due metri, quindi stai fluttuando a circa due metri di distanza dal terreno. Essere sollevato è una sensazione che adoro. Mi sento un animale marino. Amo il mare e poco la montagna. Ed essendo abituato alla piscina, il mare mi mette ansia se non riesco a vedere il fondo».

E quindi durante la terza media comincia la tua carriera...

«Sì, nel mio paese a San Casciano nella squadra Acquatica. Mi sono allenato alla piscina del Chianti fino al raggiungimento della categoria “ragazzi” quando mi hanno trasferito a Firenze. Poi alla fine delle superiori ho iniziato a intensificare un po' con nove allenamenti a settimana (ride ndr). Adesso milito grazie al doppio tesseramento nella Firenze Nuoto Club e nell’Arma dei Carabinieri».

Quando hai capito che potevi fare il salto di qualità dal dilettante al professionista?

«Forse più che capirlo mi sono convinto. Sono sempre stato molto timoroso, timido e insicuro delle mie capacità. Devo ringraziare mio babbo che sempre mi ha spinto ad aspettarmi di più da me stesso fino al momento in cui mi ha detto “Filippo, hai le capacità, il talento e il lavoro sulle spalle, è il momento di fare il salto”. Così forse mi ha convinto, stimolandomi a tirar fuori il meglio che potevo dare».

Nel nuoto il tempo è sovrano. Vinci se hai dei buoni tempi, per frazioni di secondi. E allenare il tempo è la cosa più difficile che si possa fare.

Perciò quanto credi nel lavoro quotidiano?

«Tantissimo. Nonostante mi abbiano sempre detto che possedevo un talento innato in acqua, in realtà c’è un grande lavoro alle spalle. Un lavoro che si costruisce a gradini con la fatica, le rinunce e l’allenamento quotidiano. Tutto ciò ti permette dicapire il tuo corpo, quanto puoi reggere e dare
in gara. Spesso ti devi gestire e ci riesci solo se ti alleni. Rischiare e trattenerti, è un aspetto che puoi limare in allenamento. Credo nel lavoro per arrivare a risultati importanti nelle poche gare che faccio durante l’anno in cui mi gioco tutto. Risultati che sembrano arrivare. Speriamo!».

Quando è arrivata la prima chiamata in nazionale?

«Per la nazionale giovanile nel 2015 e assoluta per gli Europei di Londra nel 2016. La Federazione ti chiama ogni volta che raggiungi un tempo buono non inferiore al tempo limite stabilito. È un mondo stimolante. Devi essere sempre sul pezzo. Ci conosciamo tutti e siamo un’allegra compagnia che si sostiene a vicenda».

La gara che ricordi con più piacere?

«La più importante della mia vita è stata la prima della nazionale giovanile a Baku nel 2015. Lì ho capito che potevo stare lassù insieme ai campioni che girano nella nazionale. Però la gara più emozionante è stata ai mondiali dell’anno scorso nonché ultima gara internazionale per Magnini nella staffetta insieme a Dotto e Detti. Lo stesso giorno annunciò il suo ritiro. Aver gareggiato insieme l’ultima volta è stato fantastico».

Ci sveli un tuo gesto scaramantico prima delle gare?

«Non ne ho, ma ci sto lavorando su (ride ndr).

Di solito metto le mani sugli occhi, faccio diventare tutto nero, e quando li riapro guardo la piscina. Inquadro l’obiettivo e sono concentrato sulla gara».

Può cambiare l’umore del nuotatore non appena
si tuffa in acqua prima della gara?

«Sì, può accadere. Io fuori dall’acqua sono teso, dentro mi sento bene. Ciò nonostante mi è capitato che quella tensione non si smaltisse in vasca. Ogni volta che ho i muscoli contratti percepisco che non sarà la mia giornata».

Perché hai scelto di entrare nell’Arma dei Carabinieri?

«Nel nuoto nonostante i sacrifici se vuoi guadagnare qualcosa o trovi uno sponsor o entri in un corpo sportivo che ti sovvenziona per gareggiare. Ho ricevuto la proposta da parte di Esercito, Marina militare e Carabinieri. Ho pensato che l’ultimo sarebbe stato l’ideale per me e così
ho accettato».

L’intervista è conclusa e mi sembri ben “ederato”. Un’ultima domanda, che cos’è per te lo sport in tre parole?

«Beh, tutto ciò che faccio è dedicato allo sport. Vivo per lo sport. Poi ci sono gli studi in economia che vanno portati avanti perché vorrei che la mia professione fosse inerente a ciò che studio una volta terminato col nuoto. Ma adesso lo sport per me è dedizione e piacere. Passione e benessere. In tre parole “la mia vita”».